Punti di interesse

Spina 

Secondo il racconto di Dionigi di Alicarnasso i primi abitatori di Spina furono i Pelasgi, spinti fino alla foce del Po dalle burrasche. Qui fondata la città, vi avrebbero lasciato una guarnigione, formata dagli elementi più turbolenti. La città però fu poi abbandonata dai Pelasgi, a causa dei frequenti attacchi operati dalle popolazioni vicine. La città di Spina venne scavata in seguito alla riscoperta legata alle opere di prosciugamento delle valli di Comacchio. Nella necropoli sono state trovate più di 4.000 tombe, alle quali vanno aggiunti gli scavi di una parte dell’abitato. Fiorì a partire dal 540 a.C., come emporio che faceva da cerniera tra mondo etrusco e mondo greco, grazie ai collegamenti marittimi che provenivano dall’Ellade. Tra i prodotti che venivano scambiati con le ceramiche attiche (ne sono stati trovati numerosi esemplari di fattura ateniese, spesso di qualità migliore di quelli scavati in madrepatria), c’erano i cereali, vino e altri prodotti agricoli, oltre alle carni di maiale salate (i “prosciutti” emiliano-romagnoli, testimoniati ampiamente sin dall’epoca etrusca). I miti vogliono che la fondazione della città fosse ad opera dei discendenti degli “Argonauti”. La fortuna di Spina decade con l’arrivo della crescente influenza romana e dell’impero, sebbene già l’invasione celtica dell’etruria padana fosse stata un colpo, che probabilmente non ridusse le dimensioni e la prosperità della città, ma limitò notevolmente la sua capacità di crescere. I traffici si spostarono verso sud nella zona del ravennate, area che sarebbe divenuta poi centrale sul finire dell’Impero Romano. Ravenna fu infatti capitale dell’Impero Romano d’Occidente (402 – 476). Spina, inoltre, in balia delle continue modifiche del territorio costiero e vallivo venne infine sommersa. Nella necropoli sono stati trovati numerosi corredi funerari, con manufatti dal gusto sfarzoso, che testimoniano la prosperità dell’insediamento. Sono state reperite oltre 4.000 tombe. Le tombe sono generalmente singole in associazione alle quali si trovavano i corredi. Al momento della sepoltura una “moneta” di bronzo veniva posta assieme al defunto come obolo. L’abitato aveva invece un’edilizia più spartana, in legno e paglia. Spina fu uno dei pochi insediamenti etruschi del nord a superare l’invasione celtica del quarto secolo a.C., restando attiva fino al secondo secolo a.C., quando venne abbandonata. La necropoli di Valle Trebba fu riscoperta già dagli anni ’20 mentre gli scavi di Valle Pega iniziarono dopo il ’54, grazie anche al lavoro di Nereo Alfieri. I reperti di Spina si trovano esposti al Museo archeologico nazionale di Ferrara e al Museo Delta Antico di Comacchio. Altri reperti sono conservati invece al Museo archeologico di Delfi.

Museo Delta Antico

E’ un museo archeologico di Comacchio, aperto al pubblico il 25 marzo 2017. È allestito nell’Ospedale degli infermi, imponente architettura neoclassica del Settecentesco, situata nel centro della città. Il Museo Delta Antico che conserva una collezione di circa 2000 reperti sia di epoca protostorica, che di epoca spinetica – la città di Spina a pochi chilometri da Comacchio era un porto etrusco che commerciava con la Grecia – che di epoca romana e medievale; vi è esposto anche il carico della Fortuna Maris, una nave commerciale di epoca imperiale riemersa nel 1981, il cui carico era visibile nel Museo della Nave Romana presso Palazzo Bellini.

Museo Archeologico nazionale di Ferrara

E’ ospitato presso palazzo Costabili. Nella struttura sono esposti diversi manufatti provenienti dagli scavi della città etrusca di Spina, fiorita tra il VI e il III secolo a.C.
La città di Spina, abbandonata durante il II secolo a.C., venne scavata in seguito alla riscoperta legata alle opere di prosciugamento delle Valli di Comacchio. Nella necropoli sono state trovate più di 4.000 tombe, alle quali vanno aggiunti gli scavi di una parte dell’abitato. Il percorso espositivo è organizzato su due piani. Al piano terra si trovano le sale dedicate all’abitato di Spina e alle attività che vi si praticavano. Sezioni apposite sono dedicate alla vita religiosa e al variegato popolamento della città, visto attraverso le testimonianze epigrafiche. Sempre al piano terra sono posizionate anche le due imbarcazioni monossili (comunemente indicate come “piroghe”) recuperate nel 1948 in Valle Isola e risalenti ad epoca tardo-romana (III-IV secolo a.C.). Al piano nobile sono esposti, con criterio cronologico, una selezione tra i corredi più significativi provenienti dalle numerosissime tombe rinvenute nella necropoli. Tra i pezzi più pregiati figurano le splendide ceramiche attiche a figure rosse (crateri, kylikes, anfore, hydrie) prodotte da importanti artisti ateniesi del V e IV secolo a.C. Le pitture rappresentano scene mitologiche e di vita quotidiana, e testimoniano la diffusione dell’arte greca in ambito etrusco. Altre ceramiche, prevalentementemente del IV e III secolo a.C. provengono dalla Magna Grecia e dalla Sicilia. Di produzione etrusca sono oggetti soprattutto in bronzo, quali candelabri, tripodi, sostegni. Da notare le ceramiche alto adriatiche, prodotte localmente quando cessarono i contatti con la Grecia. Una menzione a parte meritano i gioielli in oro, argento, ambra e pietre semipreziose, che testimoniano l’abilità tecnica raggiunta dagli artigiani dell’Etruria padana e centroitalica.

Museo Civico Archeologico di Bologna

Ha sede nel quattrocentesco Palazzo Galvani, in Via dell’Archiginnasio 2, 40124 Bologna, l’antico “Ospedale della Morte”. Inaugurato nel settembre 1881, nasce dalla fusione di due musei: l’Universitario – erede della “Stanza delle Antichità” dell’Accademia delle Scienze fondata da Luigi Ferdinando Marsili (1714) – e il Comunale, arricchitosi della collezione di antichità del pittore Pelagio Palagi (1860) e di numerosissimi reperti provenienti dagli scavi condotti in quegli anni a Bologna e nel suo territorio. Il museo si colloca tra le più importanti raccolte archeologiche italiane ed è altamente rappresentativo della storia locale, dalla preistoria all’età romana. La sua collezione di antichità egizie è una delle più importanti d’Europa. Tra il 1972 e il 2012 il Museo ha ospitato oltre 150 mostre ed esposizioni a carattere archeologico e artistico. Dal 2011 il Museo Civico Archeologico è parte dell’Istituzione Bologna Musei del Comune di Bologna, un organismo che racconta, attraverso le sue collezioni, l’intera storia dell’area metropolitana bolognese, dai primi insediamenti preistorici fino alle dinamiche artistiche, economiche, scientifiche e produttive della società contemporanea.

La sezione Etrusca espone i materiali degli scavi effettuati nel XIX secolo e nella prima metà del XX secolo nel territorio bolognese e consente di ricostruire lo sviluppo dell’antico insediamento etrusco dalle origini (IX secolo a.C.) alla fondazione della città di Felsina (l’insediamento bolognese del periodo etrusco) fra la metà del VI ed il V secolo a.C. Le fasi più antiche della Bologna etrusca (villanoviana e orientalizzante, IX – metà del VI secolo a.C.) sono illustrate da una vasta scelta dei circa 4000 corredi tombali rinvenuti: vasi dalla caratteristica forma biconica (per la deposizione delle ceneri del defunto), oggetti di uso personale e strumenti in bronzo, nonché vasellame in ceramica e bronzo. Tra i pezzi esposti, si segnalano l’askos Benacci, una tipologia di vasi assai rara utilizzata per contenere l’olio per le lucerne, e il “ripostiglio di San Francesco” ovvero il deposito di una fonderia, costituito da un grande vaso (dolium) che conteneva oltre 14.000 pezzi di bronzo. Particolare del cortile interno del museo La fase urbana di Felsina (metà del VI secolo a.C. – inizio del IV secolo a.C.) è rappresentata prevalentemente da corredi tombali, fra i quali spiccano quelli della “Tomba grande” e della “Tomba dello sgabello” provenienti dalla ricca necropoli dei Giardini Margherita, con pregiati vasi di importazione greca per il consumo del vino e oggetti di lusso, quali un grande candelabro o un sedile in avorio. Da ricordare anche la “Situla della Certosa”, un raffinato recipiente in bronzo decorato con scene di vita militare, civile e religiosa]. Alla cultura villanoviana di Verucchio – il sito principale della Romagna della prima età del ferro – è dedicata una sala in cui è esposta una tomba principesca, caratterizzata da tavolini per offerte, vasellame, trono e poggiapiedi in legno, perfettamente conservati.

Marzabotto – Museo Nazionale Etrusco

Intitolato al conte Pompeo Aria, che per primo organizzò la collezione di reperti, il museo sorge al margine dell’area archeologica, quest’ultima di proprietà dello Stato italiano dal 1933. L’importanza del sito è dovuta al fatto che, a differenza della quasi totalità delle città etrusche, Kainua (originariamente nota con il nome di Misa) è rimasta per lungo tempo abbandonata ed emarginata dai successivi insediamenti e pertanto è rimasta leggibile nel suo originario tessuto urbano, risalente alla seconda metà del VI secolo a.C. e attivo fino alla metà del IV secolo a.C. (quando la città fu occupata dai Celti). Solo recentemente si è aggiunta la scoperta, sull’altro versante appenninico, di un altro insediamento simile, Gonfienti, vicino Prato, che ha permesso di chiarire i rapporti sociali e commerciali della zona. Le primissime notizie sull’antico insediamento etrusco risalgono alla metà del XVI secolo, ma fu solo dopo il 1831 che si ebbero i ritrovamenti più significativi, in occasione dei lavori di realizzazione di un parco adiacente alla villa dei conti Aria. Dal 1862 si susseguirono una serie di scavi ufficiali diretti da illustri archeologi, come Giovanni Gozzadini, Gaetano Chierici e Edoardo Brizio, a cui si deve anche la prima sistemazione dei reperti nel museo nel frattempo creato all’interno della villa. L’area archeologica, assieme ai reperti rinvenuti durante gli scavi, furono acquistati dallo Stato italiano nel 1933, col trasferimento del museo nell’attuale sede. L’allestimento attuale, che purtroppo risente della parziale distruzione e dispersione dei reperti durante la seconda guerra mondiale, risale al 1979, con aggiornamenti continui legati agli scavi che regolarmente sono compiuti ogni estate, dagli anni cinquanta ad oggi. Il percorso, diviso per aree di rinvenimento, presenta vasi attici, bronzi, segnacoli tombali e balsamari provenienti dalle necropoli, vari materiali provenienti dall’abitato, dall’acropoli e dal santuario fontile, terrecotte architettoniche dell’acropoli e delle case di abitazione, e rinvenimenti recenti, tra cui una testa di kouros greco, trovata nelle vicinanze di quello che, una decina di anni dopo, sarebbe poi stato scavato ed identificato come il Tempio di Tinia. Nella quarta sala due corredi funebri provenienti da Sasso Marconi.

Parco Storico di Monte Sole

Il parco regionale storico di Monte Sole è stato istituito nel 1989 ed è situato nella città metropolitana di Bologna. Si estende sul territorio compreso tra i fiumi Reno e Setta, teatro, durante la seconda guerra mondiale, del tremendo eccidio di Monte Sole effettuato dai militi nazi-fascisti nel 1944. Il parco storico di Monte Sole si estende per quasi tutta l’area coinvolta nell’eccidio. L’istituzione di questa area protetta, oltre che la tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale, ha come scopo il mantenere vivo l’interesse e la memoria di questo cupo pezzo di storia italiana, delle vicende della Brigata Partigiana Stella Rossa, attraverso la diffusione di una cultura di pace rivolta soprattutto alle giovani generazioni. Il parco copre un’area di circa 6.300 ettari compresa nel territorio dei comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi, i quali uniti alla provincia di Bologna, al comune di Bologna, alle comunità montane n. 10-Alta e Media Valle del Reno e n. 11-Cinque valli Bolognesi costituiscono il Consorzio di gestione del parco.

Lago del Brasimone

noto anche coi nomi di bacino delle Scalere e bacino del Brasimone, è un lago artificiale costruito sull’Appennino bolognese lungo il torrente Brasimone agli inizi del Novecento e completato nel 1911; il lago del Brasimone è anche il più antico dei quattro costruiti dalle Ferrovie dello Stato per l’alimentazione della linea ferroviaria Bologna-Pistoia (Suviana, Pàvana e Santa Maria). Il suo invaso ricade interamente all’interno del territorio comunale di Camugnano ed è inserito all’interno del Parco regionale dei laghi Suviana e Brasimone. Sulla sua costa sud-orientale sorge il Centro Ricerche Brasimone dell’ENEA nel quale, secondo il progetto italo-francese del 1970 sui reattori nucleari veloci al sodio, doveva sorgere un reattore per la sperimentazione scientifica PEC (Prova Elementi di Combustibili) un reattore veloce refrigerato a sodio liquido concepito per la sperimentazione del comportamento degli elementi di combustibile i lavori iniziarono nel 1972, in seguito all’incidente di Chernobyl (1986) e alla volontà politica maturata dopo i referendum abrogativi del 1987, iniziò un processo di riconversione e rifinalizzazione sia delle risorse disponibili che delle competenze professionali. Le acque contenute nel lago del Brasimone servono tuttora per la regolazione annuale dell’energia producibile nella centrale idroelettrica di Santa Maria, posta poco più a valle nei pressi del lago omonimo. Esse vengono anche utilizzate per il pompaggio giornaliero dell’acqua nella centrale idroelettrica del lago di Suviana.

Prato

È la seconda città della Toscana] e la terza dell’Italia centrale per numero di abitanti dopo Roma e Firenze. Fino al 1992, anno della costituzione dell’omonima provincia, è stato il comune non capoluogo di provincia più popolato d’Italia, allora in provincia di Firenze. La piana pratese fu abitata fin dall’epoca etrusca, ma la nascita della città vera e propria si fa risalire, generalmente, al X secolo, quando si hanno notizie di due centri abitati contigui ma distinti, Borgo al Cornio e Castrum Prati, che si fusero durante il secolo successivo. Nell’economia pratese la produzione tessile ha sempre svolto un ruolo di primissimo piano fin dall’epoca medievale, come testimoniano i documenti del mercante Francesco Datini, ma è nell’Ottocento che Prato vide un impetuoso sviluppo industriale, che ne fanno ancora oggi uno dei distretti più importanti a livello Europeo.La città vanta attrattive storico-artistiche di grande rilievo, con un itinerario culturale che inizia dagli Etruschi per poi ampliarsi nel Medioevo e raggiungere l’apice con il Rinascimento, quando hanno lasciato le loro testimonianze in città artisti come Donatello, Filippo Lippi e Botticelli.

Artimino – Museo archeologico di Artimino F. Nicosia

Artimino è un borgo medievale murato posto in cima a un colle del Montalbano, conosciuto per le numerose testimonianze archeologiche, storiche e artistiche, ma soprattutto per la presenza di una delle più importanti ville medicee che
punteggiano la Toscana (Villa di Artimino). Si ha notizia di rinvenimenti ad Artimino fin dal XVIII secolo. A partire dagli anni ’60 sono state recuperate nei pressi testimonianze archeologiche, tra le quali l’area sacra e la necropoli di Prato Rosello, con tombe piuttosto ben conservate, che confermano la presenza di un insediamento etrusco piuttosto importante. Il centro urbano doveva essere il punto di riferimento di una più vasta area, visti anche i ritrovamenti di Comeana (Tombe di Boschetti e Tumulo di Montefortini), Montereggi (presso Limite sull’Arno) e Pietramarina (santuario extraurbano e mura di fortificazione sulla vetta del Montalbano). I reperti sono custoditi nel Museo archeologico di Artimino F. Nicosia. Il Museo archeologico comunale di Artimino (comune di Carmignano) è nato per raccogliere ed esporre i reperti provenienti dai numerosi siti archeologici dal territorio circostante, prevalentemente del periodo etrusco. Il museo è stato recentemente inaugurato nella nuova sede nel Borgo medioevale di Artimino, una frazione del comune di Carmignano (Prato). Il museo vanta una collezione di reperti, soprattutto etruschi che sebbene piccola, è composta da alcuni pezzi di grande pregio e interesse scientifico, anche a causa della posizione dei luoghi di ritrovamento, sul margine settentrionale dell’area di diffusione della cultura etrusca. In effetti la scoperta di città etrusche ad Artimino e a Gonfienti, nei pressi di Prato, hanno rappresentato una svolta negli studi sulla presenza etrusca a nord dell’Arno e degli itinerari tra l’Etruria interna e gli insediamenti etruschi oltrappenninici. Dagli scavi dell’area urbana di Artimino provengono oggetti d’uso comune, utensili e minuti componenti edilizi. I reperti più importanti e conosciuti provengono invece dalle aree sepolcrali poste intorno ad Artimino come il Tumulo di Montefortini, la Tomba dei Boschetti e soprattutto la Necropoli di Prato Rosello dalla quale proviene un elegante incensiere in bucchero a traforo, scelto come simbolo del museo e il Tumulo di Grumaggio dal quale proviene uno splendido corredo per il cerimoniale del vino, con un grande cratere per la mescita, decorato a figure rosse con personaggi legati ai riti iniziatici dionisiaci, in ottime condizioni di conservazione, e il corrispettivo servizio da simposio in bronzo, con tutta una serie di contenitori e strumenti per la preparazione, il filtraggio e il servizio del vino. Dalla Tomba del Guerriero, provengono una spada e una lancia in ferro. Nel museo sono esposte anche alcune steli e cippi arcaici, rinvenuti nell’area del podere Grumolo, oltre a delle urnette cinerarie del periodo ellenistico.

Montalbano

Il Montalbano, o Monte Albano, è una catena montuosa che si estende tra le province di Pistoia, Prato e Firenze. Il Montalbano meridionale è stato interessato dalla presenza umana fino dal Paleolitico, anche se le tracce rimaste sono piuttosto scarse. L’area vicina alla Gonfolina (strettoia del fiume Arno) ha probabilmente rappresentato in varie epoche un punto privilegiato di guado, perché naturale confluenza di percorsi collinari sulle due sponde. La presenza di una città etrusca ad Artimino (una delle pochissime a nord dell’Arno) rende ancora più evidente l’importanza di questa zona per i rapporti nord-sud, tra Toscana centrale e Toscana sub-appenninica, forse ad un livello non soltanto locale.

Capraia e Limite – Abbazia di San Martino in Campo – Parco archeologico di Montereggi

Capraia e Limite è un comune della città metropolitana di Firenze, il cui nome deriva dall’unione dei due centri abitati di Capraia Fiorentina e Limite sull’Arno.
Nel territorio comunale, poco distante dal crinale del Montalbano in prossimità del borgo di Artimino, si trova l’Abbazia di San Martino in Campo, eretta come luogo di preghiera e insieme di ospitalità là dove passava un tempo un’importante via di comunicazione etrusca e romana, utilizzata poi nel medio evo dai pellegrini provenienti dalla Francigena. A pochi chilometri da Limite, sul colle di Montereggi, varie campagne di scavo, a partire dal 1982, hanno identificato un insediamento etrusco, probabilmente legato a strutture portuali, come testimonia la grande quantità di anfore di importazione ritrovate nel sito. L’abitato di Montereggi fu probabilmente uno scalo destinato agli scambi posto sull’antica via fluviale dell’Arno, dal quale si poteva, per la sua posizione strategica alle pendici del Montalbano, proseguire per via di terra in direzione di Prato. Oggi il Colle di Montereggi è un’area verde attrezzata. Il Parco archeologico di Montereggi è visitabile liberamente e il materiale rinvenuto è esposto al Museo Archeologico di Montelupo Fiorentino.

Montelupo Fiorentino – Museo Archeologico

Montelupo Fiorentino è un comune della città metropolitana di Firenze, celebre per la produzione di ceramiche e vetro. Le numerose stazioni preistoriche che sono state individuate negli ultimi venti anni nel territorio comunale dimostrano la frequentazione dell’area senza soluzione di continuità fino dal Paleolitico. Si ha testimonianza dell’età classica dalle varie sepolture etrusche recentemente emerse nel centro storico e con la scoperta di una Villa romana di età repubblicana. Il luogo era noto come Mansio ad Arnum, come risulta anche dalla Tabula Peutingeriana, ed è probabile che nella zona ci fosse un ponte che, in età romana, permetteva il superamento del fiume Arno. I ritrovamenti degli scavi a Montereggi e Bibbiani sono raccolti nel Museo Archeologico di Montelupo Fiorentino.

San Miniato

San Miniato è un comune della provincia di Pisa. Il centro storico della cittadina sorge in posizione strategica su un colle lungo l’Arno a metà strada tra Firenze e Pisa, ragione per cui la città è stata scena di molteplici scontri fra i due odierni capoluoghi, fino alla definitiva conquista fiorentina. E’ un importante centro economico e industriale della zona del cuoio, ed è famoso per i suoi tartufi bianchi. Il nucleo originario della città risale all’VIII secolo: un gruppo di longobardi, secondo un documento originale datato 713 e conservato nell’Archivio Arcivescovile a Lucca, si stabilì su questo colle ed edificò una chiesa dedicata al martire Miniato. Federico II di Svevia eresse nella città la rocca e vi fece risiedere il suo vicario per la Toscana. Per questa origine germanica la città fu chiamata per tutto il medioevo come “San Miniato al Tedesco”, nome che è rimasto in uso anche nei secoli successivi.

Gambassi Terme – Pieve di Santa Maria Assunta a Chianni

Gambassi Terme è un comune dell’Empolese, città metropolitana di Firenze, situato sulla via Francigena (Terme della via Francigena e parco benestare). Poco distante dal centro storico di Gambassi Terme si trova la Pieve di Santa Maria Assunta a Chianni, ricordata dall’Arcivescovo Sigerico di Canterbury come ventesima tappa del suo percorso lungo la Via Francigena alla fine del X secolo. La Pieve rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura tardo romanica in Toscana e conserva ancora l’aspetto che le venne conferito dall’ampliamento del XII-XIII secolo. Nei pressi di Gambassi, in comune di Montalone è situata l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale Alta Valle Torrente Carfalo, di circa 220 ettari, fra San Vivaldo, Sughera e Castelfalfi, istituita nel 2007, in cui sono stati rinvenuti in diversi siti resti di una tomba etrusca, di fornaci romane e di ruderi medioevali.

Pieve di Cellole

La Pieve di Cellole, o Pieve di Santa Maria Assunta, è un edificio religioso nel comune di San Gimignano. Le prime testimonianze sulla chiesa risalgono a due carte datate agli anni 949 e 1011; a quel tempo risulta che la chiesa fosse dedicata a San Giovanni Battista. I resti ritrovati nel territorio di Cellole, così come il suo stesso nome (dall’etrusco “cela”, piccolo luogo sacro), testimoniano l’origine etrusca dei primi insediamenti locali.

Riserva naturale di Castelvecchio

La Riserva naturale di Castelvecchio è situata in Val d’Elsa, pochi chilometri ad occidente di S. Gimignano. L’area protetta tutela un vasto territorio boscato, comprendente associazioni vegetazionali molto diverse tra loro, con macchia mediterranea nei punti più caldi e boschi ricchi di faggi e tassi a poche centinaia di metri di distanza, in corrispondenza dei due solchi vallivi. Le rovine di Castelvecchio, importante roccaforte medievale, da cui si gode un bellissimo panorama sui dintorni, sono un punto di riferimento per le escursioni nella Riserva. L’area di Castelvecchio risulta abitata già in epoca etrusca, dove forse era situata una sorta di rupe sacra. In epoca romana la zona, lontana dalle principali vie di comunicazione, risulta disabitata e fu poi nuovamente abitata tra la fine del VI el’inizio del VI secolo.

Riserva naturale Montenero

La Riserva Naturale provinciale del Montenero è un’area protetta istituita nel 1995. Occupa una superficie di 69 ha nel comune di Volterra, provincia di Pisa. Situata sulle colline plioceniche dell’alta Valdera, tra Volterra e S. Gimignano, la Riserva si estende sulle pendici settentrionali del M. Nero (508 m.), modesto ma erto rilievo posto alle spalle del paese di Ulignano. La natura geologica conferisce a questi luoghi una morfologia impervia, con forti pendenze, rocce affioranti e profonde incisioni operate dal torrente Strolla, la cui azione erosiva ha creato, nella parte alta, una profonda gola e alcune cascatelle, determinando nel complesso un paesaggio assai suggestivo. Presso Ulignano erano situate le cave di alabastro di grana giallognola, già sfruttate al tempo degli Etruschi.

Monte Voltraio

Il Monte Voltraio, ad Est di Volterra, emerge e si differenzia dal paesaggio argilloso circostante per il suo profilo piramidale, dovuto alla costituzione geologica in sabbie e calcari arenacei, che danno luogo sul lato orientale del rilievo ad una vera e propria scarpata rocciosa verticale. Proprio in virtù di tali caratteristiche naturali questo piccolo rilievo (458 m.) divenne sede di un insediamento fortificato a controllo delle vie di transito: la Rocca di Monte Voltraio.

Volterra

Volterra, oggi in provincia di Pisa, è stata una delle principali città-stato dell’Etruria. Veláthri (il nome etrusco di Volterra) faceva parte della confederazione etrusca, detta dodecapoli etrusca o lucumonie. Il re e gran sacerdote era detto lucumone. Il nome della città etrusca è ben leggibile nella serie di monete conservate al Museo etrusco Guarnacci. Volterra fu sede nel medioevo di un’importante signoria vescovile, avente giurisdizione su un’ampia parte delle Colline toscane. Oggi conserva un notevole centro storico in cui rimangono dell’epoca etrusca la Porta all’Arco, la Porta Diana, che conserva i blocchi degli stipiti; gran parte della cinta muraria costruita con ciclopici blocchi di pietra locale, l’Acropoli, dove sono presenti le fondamenta di due templi, vari edifici ed alcune cisterne e numerosissimi ipogei utilizzati per la sepoltura dei defunti. Da ricordare, tra le rovine romane, il Teatro ad emiciclo, oltre agli edifici medievali, come la Cattedrale, la Fortezza Medicea ed il Palazzo dei Priori, sull’omonima piazza centrale dell’abitato.

Riserva naturale Foresta di Monterufoli-Caselli

a Riserva Naturale Foresta di Monterufoli-Caselli è un’area naturale protetta istituita nel 1995 che occupa una superficie di quasi 5.000 ettari in provincia di Pisa. Riveste una grande importanza paesaggistica e naturalistica per l’ottimo stato di conservazione dei luoghi e la presenza di biodiversità. La Riserva include i complessi forestali di Monterufoli-Caselli, con vaste foreste e fitte macchie, attraversate da una rete di torrenti, quali lo Sterza ed il Trossa, che determinano una delle zone wilderness più importanti della Toscana. L’habitat particolarmente vario ospita numerose piante e animali ed è caratterizzato da una flora endemica e soprattutto da interessanti mineralizzazioni e formazioni geologiche che attraggono gli appassionati di geologia e gli escursionisti.

Il borgo di Libbiano

Piccolissimo e suggestivo insediamento medievale ma di antichissima origine romana, da cui prende anche il nome, dal latino Castrum Liviani. Dalla sua sommità, in cui sono ancora ben visibili i resti di un antico castello si gode di un panorama dalle Colline Metallifere a quelle senesi, Pomarance, Volterra, Montecatini val di Cecina fino alle montagne dell’Appennino pistoiese e della Garfagnana. Pittoreschi alcuni vicoli tra le vecchie case in parte costruite durante il Medioevo con i resti lapidei dell’antica fortificazione.

Il borgo di Micciano

Edificato su un monte, ai piedi del Cassero, a più di 470 metri dal livello del mare, fra le valli del Trossa e del Cecina, dalle sue mura si vede Volterra di fronte e a sinistra il mare Tirreno fino alla Gorgona. Le sue origini sono romane. Il suo fondatore si dice essere stato un legionario, Mitius, al quale Cesare donò quel territorio nel 59 a.C.

Il borgo di Canneto

Canneto è una frazione di Monteverdi Marittimo, che si trova tra la Val di Cornia e la Val di Cecina, circondato da boschi e macchia mediterranea. L’abitato di Canneto, che deve la sua origine (come Monteverdi) alla fondazione dell’abbazia del Monastero di San Pietro in Palazzuolo, possiede ancora un’antica cinta muraria medievale di forma ellittica che lo circonda, con all’interno numerose case-torri; le vie nella cinta muraria sono tutte intitolate ai re d’Italia.

Sassetta – Parco forestale di Poggio Neri

Il Parco Forestale di Poggio Neri è ricompreso all’interno del Patrimonio Agricolo Forestale Regionale di Sassetta, tra le valli del Lodano e della Massera ed è attraversato da 37 km di sentieri escursionistici (pedonali e Mtb), tra splendidi esemplari di castagni, lecci e querce.

Suvereto

Suvereto, in provincia di Livorno, è uno dei comuni della Val di Cornia, sede di importanti aziende vinicole (qui si produce il DOC Val di Cornia Suvereto). Fa parte del circuito dei borghi più belli d’Italia. La frazione di Prata è nota per essere la zona d’origine e di produzione del Lazzero di Prata, una pregiata tipologia d’olivo che prende il nome dalla località. Il toponimo è attestato per la prima volta nel 973 e deriva dal latino suber, sughero, per cui Suvereto è il “bosco di sugheri”. Nel comune di Suvereto è il Parco Naturale di Montioni, facente parte del sistema dei Parchi della val di Cornia, un parco caratterizzato da una ricca fauna, rari esempi di flora mediterranea e importanti monumenti di epoca napoleonica. Il territorio del Parco è anche caratterizzato dalla presenza di resti di insediamenti protostorici, etruschi e romani, a cui si sovrappongono edifici medioevali, come la Pievaccia, i ruderi del Castello di Montioni Vecchio, le Terme di Montioni.

Campiglia Marittima – Parco Archeominerario di San Silvestro – Terme di Venturina

Il Parco Archeominerario di San Silvestro nato in seguito alle campagne di scavo del castello di Rocca San Silvestro, è un’area naturale protetta di interesse locale della Toscana istituita nel 1995 e fa parte dei parchi della Val di Cornia. Situato alle spalle di Campiglia Marittima e del promontorio di Piombino, il parco si estende su un’area di circa 450 ettari. I percorsi di visita si snodano tra musei, gallerie minerarie, un borgo medioevale di minatori e fonditori, lungo sentieri di interesse storico, archeologico, geologico e naturalistico. Nella frazione di Venturina Terme, risale al 1883 la costruzione del primo moderno stabilimento delle terme dette “di Caldana”. Sembra che i primi a sfruttare gli effetti terapeutici delle acque di Caldana siano stati gli etruschi. Probabilmente le sorgenti alimentarono le antiche Aquae Populonia e (toponimo di epoca romana). Nel Medioevo le acque termali continuarono ad essere utilizzate, sebbene le strutture avessero perso l’antica efficienza. Caratteristico è il “Calidario” sviluppato attorno alle sorgenti che formano un laghetto naturale, un tempo denominato Bottaccio, suggestiva piscina d’acqua calda che in passato forniva energia per i macchinari di una ferriera e, in seguito, per quelli di una cartiera.

Baratti

Baratti è una frazione del comune di Piombino. Il golfo di Baratti è un piccolo scorcio di natura (quasi) incontaminata che si insinua tra il Mar Tirreno e il Mar Ligure, tra il promontorio di Populonia a sud e la località Torraccia a nord. Come Populonia, anche Baratti ha origini etrusche; nella località si trovano diversi tumuli sepolcrali.L’attività principale nel periodo etrusco e successivamente romano fu quello di scalo portuale nei confronti di Populonia, principalmente per i minerali di ferro provenienti dalla vicina Isola d’Elba e per i prodotti metallici finiti. Il cumulo di detriti della lavorazione del ferro ricoprì completamente la zona di Baratti prospiciente il mare, permettendo di conservare il patrimonio archeologico fino agli ultimi anni del XIX secolo, quando le prime ricerche archeologiche permisero la scoperta dell’imponente patrimonio, ora conservato al Museo archeologico del territorio di Populonia a Piombino

Populonia

Populonia fu un antico insediamento etrusco, di nome Fufluna (da Fufluns, dio etrusco del vino e dell’ebbrezza) o Pupluna, l’unica città etrusca sorta lungo la costa tirrenica. Era una delle dodici città della Dodecapoli etrusca, le città-stato principali che facevano parte dell’Etruria. L’acropoli della città storica corrisponde agli odierni Poggio del Castello e Poggio del Telegrafo, posti all’estremità sudoccidentale del Golfo di Baratti. Già in epoca arcaica, probabilmente, l’abitato si estese anche alle alture limitrofe e all’area del golfo, dove, oltre alle principali necropoli della città, era localizzato anche il quartiere industriale. Insieme a Volterra fu infatti uno dei centri di maggiore attività mineraria e dell’industria metallurgica degli Etruschi. Presso l’attuale abitato sono visibili i resti della città antica, con le mura etrusche e i resti di edifici di epoca romana. Alcune delle necropoli cittadine delle diverse fasi storiche sono visitabili nel Parco Archeologico di Baratti e Populonia, insieme ai resti del quartiere industriale presso il porto. Nel borgo medioevale è visitabile la privata Collezione Gasparri, che conserva reperti provenienti dall’area della città e dai ritrovamenti sottomarini nel tratto di mare antistante, mentre nel centro storico di Piombino ha sede il Museo archeologico
del territorio di Populonia.